
Scrivere un racconto è un'opera di miniaturismo: non è semplice scrivere ad arte una storia focalizzando l'interesse sui dettagli, scrivere un racconto è un impegno al quale alcuni scrittori si cimentano sempre con un pò di ritrosia, perchè è difficile enucleare in poche pagine, una storia che possa dare una parvenza di completezza, mentre nel romanzo c'è modo di diluire il discorso.
La Luiselli, erede letteraria di Bolaño, mi ha stupita anche questa volta, i suoi racconti li rileggo con piacere, apro il libro a caso e ricomincio a leggere il racconto in questione.
Si tratta di 10 racconti uno più bello dell'altro, per originalità dei temi trattati e per il modo di scrivere dell'autrice che è tagliente, ma anche poetico, senza fronzoli, una scrittura talentuosa.
La scrittrice messicana fa in modo che il livello d'attenzione del lettore sia costantemente alto e che la curiosità sia sempre un fuoco vivo, cosa fondamentale in un libro di racconti.
Ogni racconto affronta un tema diverso: dal turismo necrologico culturale alla cartografia, dall'attività del camminare all'andare in bicicletta, dai fiumi all'architettura, dal senso del luogo, dell'appartenere ad un posto al riempire gli spazi fisici e mentali, dai traslochi al piacere di riordinare i libri trovando perle letterarie dimenticate negli angoli della libreria.
Di narrazione in narrazione, l'animo del lettore si arricchisce di aneddoti, pensieri, riflessioni linguistiche e filosofiche, citazioni, versi poetici. Ogni racconto è cesellato in maniera sublime, a mio avviso, e ho trovato il filo rosso che li unisce: la malinconia. Ogni pagina è narrata come fosse un ricordo, almeno io ho percepito questa sensazione: come trovarsi con un piede nel passato ed uno nel presente, e lo sguardo volto verso cieli futuri. La malinconia sì, quell'emozione indefinibile che ha un suo non-tempo, una sua maniera di essere percepita, ma che ha come essenza unica la vaga tristezza, la definirei una nostalgia malinconica di chi aspetta un ritorno o volge il pensiero a quello che fu. C'è sempre il risvolto psicologico in agguato, il mettere il lettore dinanzi a se stesso, ai propri fantasmi, alle proprie paure, ma anche alle proprie inclinazioni e ai propri sogni.
La Luiselli scrive in prima persona come se raccontasse di se stessa, adoro la sua maniera di narrare (non finirò mai di ripeterlo, di scriverlo).
Pagine intrise anche di freschezza, di Messico, di ricordi, di passi nei quali il lettore potrà certamente trovare se stesso, di novità da scoprire, di fotografie di volti (La Duras, nelllo specifico) ritagliati dal giornale, di storie da leggere d'un fiato e portarsi dietro a lungo.
Ho anche scoperto che alla Luiselli il concetto del volto piace particolarmente.
Non vedo l'ora di leggere altre sue opere, in attesa che scriva altri libri, vi lascio una delle innumeravoli citazioni sottolineate.
"Lo sguardo - che non è altro che un'estensione della mente - si compiace e si intrattiene riempiendo spazi. Può essere che questa inclinazione a riempire l'assenza, a completare l'incompletezza, sia una mera malformazione dell'animo umano"
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Pillole biografiche
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