"La felicità è sempre uguale, ma l’infelicità può avere infinite variazioni, come ha detto anche Tolstoj.
La felicità è una fiaba, l’infelicità un romanzo."
Di Murakami avevo (finora) letto soltanto "Tokio Blues. Norwegian Wood" e parecchie citazioni tratte dalle sue opere, è bastato quindi un solo libro per decidere che di lui avrei letto tutto (o quasi).
Mi piace molto il suo modo di scrivere e di narrare le storie, quasi come se stesse tessendo una tela prendendo e intrecciando fili da mondi paralleli: un qui e un altrove. Tra le sue pagine ti ritrovi sempre spaesato e al posto giusto contemporaneamente. Anche voi avvertite questa sensazione quando leggete uno dei suoi libri?
La scrittura di Murakami è ricca di simbolismi, e proprio per questo l'apprezzo davvero moltissimo: dà modo al lettore di decifrare il senso delle cose. Egli inoltre riesce, davvero come pochi, a parlare di temi come ad esempio la morte, tema ricorrente nei suoi scritti, in maniera "leggera", spontanea, diretta.
I suoi personaggi riescono a prendersi lo spazio in scena che meritano, sono sempre particolari, con personalità ben identificate, a volte sembrano insulsi, ma poi ai fini della trama non è così: ogni personaggio è lì per un motivo ben preciso, a volte sembra che lo scrittore voglia inserire delle figure archetipiche per costruire gli ingranaggi delle sue storie, senza però risultare forzato, artefatto, meccanico. I suoi scritti, che attingono ad una cultura lontana dalla nostra, quella giapponese, eppure non vetusta, ma anzi pop, moderna, si mescolano ai saperi antichi della sua terra, e Murakami ce li dona tramite la parola scritta.
A conferma di quanto sostengo, vi lascio l'autorevole opinione del «The New York Times Book Review» «Tutti possono raccontare una storia che assomiglia a un sogno, ma rari sono gli artisti che come Murakami ci danno l'illusione di sognarla».
Ed è esattamente così: Murakami intinge il pennello nel surreale e il quadro che ne risulta è, agli occhi dei lettori un mondo immaginario eppure reale, vivo, a volte persino crudo, schietto.
"Kafka sulla spiaggia" non si sottrae a queste dinamiche e caratteristiche.
Un ragazzo di quindici anni, maturo e determinato come un adulto, e un vecchio con l'ingenuità e il candore di un bambino, si allontanano dallo stesso quartiere di Tokyo diretti allo stesso luogo, Takamatsu, nel Sud del Giappone. Il ragazzo, che ha scelto come pseudonimo Kafka, è in fuga dal padre, uno scultore geniale e satanico, e dalla sua profezia, che riecheggia e amplifica quella di Edipo.
Il vecchio, Nakata, fugge invece dalla scena di un delitto sconvolgente nel quale è stato coinvolto contro la sua volontà. Abbandonata la sua vita tranquilla e fantastica, fatta di piccole abitudini quotidiane e rallegrata da animate conversazioni con i gatti, dei quali parla e capisce la lingua, parte per il Sud.
Oltre alla trama principale che vede protagonista il nostro Kafka, Murakami si concentra anche su una sottotrama, quella di Nakata, che fa da eco fedele alla storia principale. Devo dire che inizialmente l'ho trovata come una nota stonata in un'armonia quasi perfetta. Poi nel divenire dei fatti, si percepisce che tutto è importante, anzi segnerà il punto di svolta dell'intera vicenda. Fanno da corteo ai due protagonisti, altri personaggi
Un libro molto particolare, che sorprende sia per la ricercatezza nella descrizione del particolare, sia per il fascino di mistero che lo ammanta dall'inizio alla fine che per gli insegnamenti che Murakami ci porge come mani che tendono ad aiutare e accogliere.
Meraviglioso
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