"C’è un canto nella matita che è stretta tra mie dita scaltre. Fuori – fuori – fuori – care parole. Le parole mi hanno salvato. C’è ritmo nella matita. Canta e oscilla. Canta un grande canto. Canta il canto della mia vita. Sta portando vita in me, nel mio posto chiuso".
-Sherwood Anderson
"A me sembra che il canto appartenga e nasca dalla memoria di cose più antiche di quelle che conosciamo. Nei sentieri battuti della vita, quando molte generazioni di uomini hanno percorso le strade in una città o passeggiato senza meta di notte per le colline di un'antica terra, sorge il cantore.
Il cantore non è nè giovane nè vecchio ma c'è sempre qualcosa di molto vecchio in lui. L'essenza di molte vite vissute e di molte spese faticosamente fino alla fine scorre piano nella sua voce. Oltre il potere delle parole, le parole si esauriscono. C'è una bellezza spirituale nel canto di colui il cui canto grida dalle anime della gente di tempi e luoghi antichi , ma questa bellezza non ci appartiene ancora".
Queste le prime parole della Prefazione di un libro che mi ha ammaliata, sin dal primo istante.
C'è una parola in napoletano con la quale vorrei definire l'essenza di questo libro, ossia "cunto", un racconto narrato a voce, che per il tramite della poesia ci narra l'America riuscendo a fotografarla in maniera molto valida, anche nei suoi mutamenti nel corso del tempo, prima e dopo i fumi dell'industrialismo.
L'arte di "cuntare", come insegna sapientemente Giambattista Basile, così come si faceva tanto tempo fa, nei cortili in compagnia di persone sagge magari accanto al fuoco scoppiettante, sotto un cielo stellato, è la forma del narrare che preferisco, ho avuto la possibilità di vivere momenti davvero magici grazie alla mia nonna paterna, una vera cantastorie. E in questo piccolo, prezioso, libro ho trovato la stessa magia di fondo.
In "Canti del Mid-America" di Sherwood Anderson (Corrimano Edizioni) sebbene il contenuto è totalmente diverso dai cunti che ascoltavo da bambina, la modalità di narrazione è la medesima; raccontare la reale essenza di luoghi ed anime che ci parlano di altri tempi, di qualcosa che è comunque dentro di noi, si lega alle nostre radici, come catene ben salde che uniscono l'anima al territorio.
Non si può davvero entrare nello spirito di un libro, senza aver dato un cenno al suo autore, al periodo nel quale è cresciuto e vissuto.
Sherwood Anderson nasce a Camden, Ohio, nel 1876. Nel 1916 pubblica il suo primo romanzo, Windy McPherson’s Son, a cui segue il romanzo Marching Men (1917) e la raccolta di poesie in prosa Mid-American Chants (1918), e l'anno dopo la raccolta di racconti Winesburg, Ohio (1919), la sua opera più celebre.
Muore di peritonite a Panama nel 1941 a 64 anni. Le sue lettere e memorie, pubblicate postume, avranno grande influenza su diversi autori, tra cui E. Hemingway, J. Steinbeck, F. S. Fitzgerald e J. D.Salinger.
"Canti del Mid-America" è un libro molto particolare, mi è piacito tanto e si presta a molteplici riletture, si deve, inoltre, riuscire a cogliere appieno l'esperienza di vita di quei territori e di quei tempi, ma ne riconosco la potenza e il valore a prescindere da tutto. Queste pagine danno vita, in maniera poetica, ad un libro che setaccia il cuore dell’America per festeggiare, celebrare, (e per far cantare) lo spazio vissuto di esseri umani da rigenerare, insieme alle loro corde mistiche. Ed è questo elemento che più di tutto mi fa amare questi canti.
Sono dell'Ovest, l'esteso Ovest dei tramonti. Sono degli estesi campi dove cresce il granturco. Il sudore delle mele è in me. Sono l'inizio delle cose e la fine delle cose.
Sicuramente tale opera rappresenta uno spaccato di un tempo e di un luogo lontani dal mio vissuto, ma il ponte di collegamento è proprio il canto, l'ode in senso globale, il bisogno atavico di narrare, per tenere memoria, per dare forza al senso di spiritualità che pervade l'animo umano, ed è proprio questo elemento universale, che si evince nettamente, mi è piaciuto tantissimo, ho avuto la sensazione di aver letto delle autentiche preghiere rivolte al Creato e al suo artefice.
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