«Ho fatto il mio nido tra i libri, gli unici che mi capissero e che capissi».
Nel 2009, all’età di 72 anni e già malatissima, Cesarina Vighy esordì con "L’ultima estate", un romanzo dai forti spunti autobiografici che divenne presto un vero caso letterario vincendo il Premio Campiello Opera Prima e qualificandosi nella cinquina del Premio Strega.
Z. è malata. Gravemente. Dallo spazio ristretto da cui guarda il mondo, osserva il tenace manifestarsi della vita: l’andirivieni dei vicini, un merlo che fa il nido, i piccioni in cerca di cibo. Per lei, ogni gesto è enorme, difficilissima la quotidianità, in equilibrio sui nervi e sugli orari delle medicine. La notte però, con la gatta a farle compagnia, i sogni intervengono ad alleviare il fastidio di resistere a se stessi e sulla pagina, così, il resoconto di un’esistenza vicina alla fine diventa il ricordo di una vita che finalmente appare bella.
«Eccoci qua dopo anni di quiete che si potrebbero chiamare anni felici se solo sapessimo, mentre la si vive, che quella è la felicità».
Un romanzo meraviglioso, di un'intensa bellezza ed estrema profondità.
Con una lingua nitida, a tratti feroce, mai retorica, Cesarina Vighy ha affrontato il più evitato degli argomenti: la sofferenza.
Ma ciò che l'ha sorretta è stato l'umorismo, il fil rouge di un libro particolarissimo composto di sole mail, "Scendo. Buon proseguimento", con cui l’autrice, pochi giorni prima di morire, si congedò dal mondo. Un testamento spirituale, con testi realmente spediti a familiari e amici, che ripercorre gli ultimi tre anni della vita di Cesarina, detta Titti, e le vicende del suo sorprendente, insolito esordio.
Uno spirito curioso e un'anima affabile, una lettura che consiglio calorosamente perché tanto mi sta donando, sono alle ultimissime pagine.
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