"Certi giorni mi sento vulnerabile, come se mi avessero strappato via gli strati più esterni, lasciando parti nuove esposte al vento e agli spruzzi del mare. Quando si è passato un certo periodo di tempo lontani da sé, tornare nel proprio corpo può fare paura. Riconoscere che i propri desideri sono molteplici e perfino contraddittori non è facile, ma è necessario se vuoi vivere in maniera onesta con te stessa"
Mi viene difficile raccontarvi questo libro.
Avete presente quando racchiudete nel cuore bellezza tanto infinita e intima, che vi viene difficile descrivere a parole? Ecco, queste sono pagine davvero belle, tanto intense, sono state il posto preferito nel quale ho amato rifugiarmi, in questo tempo in cui l'Italia intera è in isolamento. Mi sono letteralmente inabissata in "Acqua salata" di Jessica Andrews, il mondo coi suoi guai è ritornato in secondo piano.
Porto ancora negli occhi il mare che s'infrange sulle scogliere irlandesi e l'odore di torba nei capelli, le montagne blu, le pareti di casa marroni, il tanfo di sigarette, il profumo di Impulse alla vaniglia, le patatine unte con il ketchup.
Una scrittura a tratti irriverente, che sa graffiare a volte, lenire e incantare in altre, ricordare sempre.
Ho accompagnato per mano Luce, la protagonista del romanzo, così come la chiamano i genitori e gli amici, l'ho sentita come un'amica, come qualcuno che conosci bene, come si conoscono a memoria i palmi delle proprie mani.
La vita di Lucy è cambiata molte volte: con le sfuriate e le assenze del padre alcolizzato, con l’ansia e la pena per il fratello sordo, con la bellezza dei viaggi
in Irlanda a casa del nonno. E sembra cambiare definitivamente quando si trasferisce a Londra, per studiare e per vivere lontana dalla provincia, libera da ogni legame. Ma appena laureata, Lucy volta le spalle a tutto: va in Irlanda, nel Donegal, nella vecchia casa che il nonno le ha lasciato. Si affida al cielo, al vento, al mare per ritrovare se stessa, e intanto la sua memoria si snoda in racconti brevi e impetuosi come corsi d’acqua.
La natura è molto presente in questo libro, non come protagonista d'eccezione, quanto piuttosto presenza rassicurante alla quale fare affidamento e ritorno, nei ricordi e nell'adesso. Presente è anche la musica, l'autrice menziona parecchie band e cantanti dagli Oasis ai Waterboys, dalle Shangri-Las ai Greenday, fasi della vita sottolineate da precise, indimenticabili, colonne sonore.
L'autrice tesse questa storia inanellando frammenti di passato e di presente come perle di una collana, permettendo a chi legge di entrare nel vivo pulsare della narrazione senza perdere un battito.
La matita morbida ha corso tra le righe con disinvoltura: ha custodito per me, in quelle linee come bussole per navigatori smarriti, parole come tesori che potrò riscoprire ogni volta che ritornerò a leggerle.
La matita morbida ha corso tra le righe con disinvoltura: ha custodito per me, in quelle linee come bussole per navigatori smarriti, parole come tesori che potrò riscoprire ogni volta che ritornerò a leggerle.
Un percorso di crescita si dirama in queste pagine e noi lo faremo con Lucy, attraverso i suoi pensieri, i suoi amori, la sua infanzia turbolenta, l'adolescenza, il rapporto con la madre e con il fratello Josh, i punti cardinali della sua esistenza.
Ho amato profondissimamente la pagina dedicata al Prologo, una chiara ode al rapporto madre figlia, legame che solo il sangue, il grembo e l'anima possono comprendere pienamente. E la Andrews riesce a raccontarlo alla grande, richiamando questo legame in tutto il romanzo.
La sensazione finale è come quella dopo una sorsata di birra, rigorosamente irlandese, corposa e scura: piacevolissima, ma lascia in dote un retrogusto dolceamaro.La rinascita di una donna che scopre e riscopre se stessa continuamente, Luce sa che per andare avanti deve ingoiare l'amaro, ma questo non la spaventa né la ferma.
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