"Ho un curioso ricordo di quel periodo: i semafori rossi. La mia corsa contro il tempo si svolgeva tra la Olivetti 22, i figli e la casa. Il tutto inframmezzato da corse affannose in auto. Ferma a un semaforo, ogni volta mi ponevo la stessa domanda: "Dov'è Giuliano? Perchè non mi chiama?". Al successivo feu rouge, medesima domanda. La sofferenza di quel periodo si salda, nei ricordi, a quei semafori. Libera da incombenze, in quelle circostanze, il dolore si acuiva".
Gianna Radiconcini, classe 1926, staffetta partigiana a diciassette anni, azionista e poi colonna del partito repubblicano, è stata la prima donna giornalista corrispondente Rai a Bruxelles e a Strasburgo. In seguito ha lavorato per testate prestigiose, occupandosi di vari argomenti, dalla politica al costume.
In questo suo romanzo, "Semafori rossi", l'autrice racconta di Anna Latini, nome de plume della protagonista, che usava quando curava, su un quotidiano, la rubrica dedicata alle donne.
Siamo nella seconda metà del Novecento, periodo storico di grande fermento, per quanto riguarda i diritti civili e, in particolar modo, dei diritti delle donne nell'ambito della società, del loro ruolo attivo e partecipativo che investe il mondo del lavoro, ma anche quello più intimo e personale, dall'aborto al divorzio.
Sposata infelicemente a un marito che la tradisce con una sua amica, rimasta incinta di un altro uomo, Giuliano, Anna deve dissimulare la gravidanza per sfuggire al licenziamento e a problemi giudiziari, mentre affronta il carattere ondivago, prepotente e instabile di Giuliano: il rapporto con lui implicherebbe la perdita dell’indipendenza e la rinuncia al proprio amato lavoro.
Le pagine scorrono velocemente, ma sono attraversate da riflessioni che inducono chi legge a soffermarsi, esse sono una testimonianza preziosa di una donna che ha lottato per non tradire se stessa, difendendo la propria dignità e i propri ideali di giustizia e libertà. Le brevi soste dovute ai semafori rossi del titolo, sono quelle che l’hanno aiutata a riflettere su se stessa e a prendere le giuste decisioni.
Non è un libro da frasi memorabili da sottolineare, ma quel che colpisce sono proprio i pensieri e le domande che si pone la protagonista, le vicende della sua vita potrebbero essere quelle di qualsiasi donna: attraverso essi è come se l'autrice avesse fatto germinare, in chi legge, una voce silenziosa, un grillo parlante che induce a rispondere a domande che credevamo sepolte in noi stesse. Temi principali sono la maternità, con cui si apre il romanzo e da lì in poi si diramano tutta una serie di conseguenze e situazioni che poi vanno a sfociare in ambiti più universali, come la famiglia, il rapporto di coppia, i costumi sociali, le leggi che vanno a determinare lo status esistenziale della persona, infatti nel romanzo si cita: "si cominciava a parlare di divorzio, se lo avessi ottenuto avrei potuto riconosce mio figlio. Si discuteva del voto sulla riforma del diritto di famiglia, presentata già da molti anni dal ministro Reale, ma mai discussa in Parlamento perchè non iscritta nell'o.d.g. della commissione Giustizia. Ora mi sentivo più sicura".
A onor di cronaca, soltanto dopo un complesso iter parlamentare la legge Fortuna-Basilini viene approvata dal Parlamento e il 1° dicembre 1970 entrò in vigore la Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio, si evitò di menzionare la parola divorzio. Intanto le manifestazioni fiorivano numerose.
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foto da google QUI |
Il ruolo della donna è il fulcro centrale attorno al quale ruotano tutte le altre tematiche e, dunque, le scelte della protagonista: come si trova il coraggio di affrontare la vita? E' questo il quesito basilare, scritto anche in copertina, che spinge la narrazione fino al suo epilogo.
Un libro da leggere e da tenere a mente.
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