Inizi anni duemila nella provincia romana, sul lago di Bracciano approda, in fuga dall’indifferenza di Roma, la famiglia di Antonia, donna testarda e fiera che da sola si occupa di un marito disabile e di quattro figli. Antonia è una donna onesta, di quelle che non curano il modo di vestirsi, pulisce le case degli altri, Antonia non scende a compromessi, vuole insegnare alla sua unica figlia femmina a contare solo sulla propria capacità di tenere alta la testa.
E Gaia impara presto: a non lamentarsi, a salire ogni giorno su un regionale per andare a scuola, a leggere libri, a nascondere il telefonino in una scatola da scarpe, a tuffarsi nel lago anche se le correnti tirano verso il fondo.
Capelli rossi e lentiggini, è Gaia la nostra voce narrante, ci racconta la sua vita di bambina, prima, e di giovane donna, poi.
I suoi occhi, a guardali bene, celano una luce oscura, nerissima, Gaia ha un carattere molto particolare: mai incline alla tenerezza, perché è stata malamente amata e, dunque, malamente ama. È vendicativa, difficile, complessa, egoista. E lo sa.
Come leggiamo dalla trama, alla banalità insapore della vita, a un torto subìto Gaia reagisce con violenza imprevedibile, con la determinazione di una divinità muta.
Le relazioni familiari, l'amicizia, le aspettative rispetto al proprio futuro, le lotte civili e politiche, l'incapacità di comunicare, la rabbia esistenziale, la povertà, l'ambiente in cui nasci e le conseguenze che ne possono derivare sono solo alcuni dei temi di cui la Caminito ci fa partecipi sin dalle primissime pagine.
Quella di Giulia Caminito è una scrittura tagliente, cruda, reale, materica. Si sente nettamente, provoca sintomi fisici.
Ho amato lasciarmi trascinare da questa scrittura meravigliosa e da questa storia inquieta fino al midollo, che non riesco a togliermi dalla testa, perché racconta uno spaccato di vita nel quale potersi immedesimare, e che comunque ti entra dentro, in modo diretto, chiaro.
Scritto con una prosa destinata a farsi ricordare, questa è una storia dalla bellezza feroce, un grido struggente ad una realtà incapace di ascoltare.
Stupendo.
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